Il fondo patrimoniale riceve la propria peculiare disciplina in ragione della finalità cui è rivolto, ovvero quella di vincolare determinati beni al soddisfacimento delle esigenze famigliari. Lo scopo di tutela risulta, in particolare, evidente dall’analisi degli artt. 168, 169 e 170 del codice civile. In base alle norme richiamate, è infatti posto un duplice ordine di limiti con riferimento ai beni destinati al fondo: da una lato all’amministrazione e all’alienazione degli stessi e dall’altro all’esecuzione da parte di terzi creditori.
Dall’analisi dell’art. 167 c.c. si evince che nel fondo patrimoniale possono confluire esclusivamente determinate tipologie di beni e precisamente: beni immobili, beni mobili iscritti in pubblici registri o titoli di credito. La ragione di tale delimitazione con riguardo all’oggetto è comunemente rinvenuta nel fatto che soltanto i beni rientranti nelle suddette categorie, per le loro caratteristiche, possono agevolmente essere oggetto di pubblicità ai terzi e, conseguentemente, risultare idonei all’imposizione del vincolo di destinazione tipico dell’istituto.
Nell’eventualità che il fondo sia costituto da una società, diviene necessario distinguere tra l’ipotesi in cui il disponente sia una società di persone e quella in cui questo sia una società di capitali.
Nella prima ipotesi occorre precisare che, ai sensi dell’art. 2256 c.c., è necessario il consenso di tutti i soci qualora l’utilizzo delle cose appartenenti al patrimonio sociale e, quindi, anche la costituzione del fondo, avvenga per fini estranei a quelli della società. A ciò deve aggiungersi che, essendo i soci della società di persone illimitatamente responsabili, si dovrà altresì valutare se i motivi posti alla base della loro decisione riguardino realmente i bisogni della famiglia.
Nell’ipotesi in cui, invece, costituente del fondo patrimoniale sia una società di capitali, si ricorda che ai sensi dell’art. 2447-bis c.c. le S.p.a. possono costituire uno o più patrimoni ciascuno dei quali destinato in via esclusiva ad uno specifico affare.
Per tale ragione, appare evidente come per le società di capitali non sorgano particolari criticità inerente la liceità di un eventuale fondo ex art. 167 c.c., atteso che, anche quando queste costituiscono dei patrimoni destinati, ciò che rileva nella separazione dei beni è lo svolgimento di un’attività economica legata a quella dell’impresa principale e, dunque, la necessità di non sottrarre i beni alla loro originaria destinazione.
Per quanto riguarda la possibilità di conferire in fondo patrimoniale quote di S.r.l. è invece doveroso operare una sintetica esposizione delle problematiche legate alla materia che sono state oggetto di diversi orientamenti interpretativi.
Storicamente si è attribuita alle quote di S.r.l. natura di bene mobile immateriale, non appartenente quindi ad alcuna delle categorie espressamente previste dall’art. 167 c.c..
La questione ha dato origine a diversi orientamenti interpretativi, anche tra loro contrastanti, che vedevano da un lato coloro che ritenevano che, non essendo la quota un diritto a sé stante, la stessa poteva unicamente rappresentare un complesso di diritti e obblighi originati dal contratto sociale; dall’altro lato parte della dottrina riteneva che la quota di partecipazione nella Srl dovesse essere intesa come una vera entità patrimoniale, seppure immateriale; secondo un’altra parte ancora della dottrina la quota di partecipazione risulta in ogni caso soggetta all’iscrizione nel registro delle imprese e, pertanto, sebbene le partecipazioni siano prive di una qualsiasi consistenza fisica risulterebbero soddisfatti i requisiti di pubblicità e di informazione circa l’esistenza di un vincolo (il conferimento in fondo patrimoniale).
A tal proposito occorre, tuttavia, precisare come la restrizione prevista dalla norma positiva dell’oggetto del fondo patrimoniale ai soli beni ivi indicati sia frutto dell’esigenza di fornire idonea pubblicità al vincolo di segregazione. In conseguenza di ciò per stabilire la conferibilità in fondo patrimoniale delle quote di S.r.l., va verificato se il regime pubblicitario della partecipazione societaria sia idoneo a rendere noto ai terzi il vincolo di destinazione ai bisogni della famiglia.
Se il precedente regime di pubblicità prevedeva la pubblicazione nel Registro delle Imprese delle vicende traslative delle quote di S.r.l., equiparandole, in sostanza, a beni mobili (immateriali) registrati, a seguito della riforma del diritto societario è ora richiesta, per la risoluzione di conflitti fra diversi acquirenti, oltre all’iscrizione del trasferimento nel Registro delle Imprese, anche la buona fede del compratore che per primo iscrive il proprio acquisto (ex art. 2470 c.c.).
L’attribuzione di un ruolo centrale al requisito della buona fede, quale criterio decisivo per la risoluzione delle eventuali controversie, ha indotto la giurisprudenza prevalente ad equiparare le quote di S.r.l. a beni mobili non registrati (ex art. 1155 c.c., in caso di successive alienazioni da parte del titolare dello stesso bene mobile a soggetti differenti, quello che ne ha acquistato il possesso in buona fede viene preferito agli altri, anche se il suo titolo d’acquisto è di data posteriore), come tali non riconducibili ad alcuna categoria elencata nell’art. 167 c.c..
Ciononostante, per la dottrina più autorevole è, tuttavia, possibile accostare il citato terzo comma dell’art. 2470 c.c. all’art. 1380 c.c., disposizione che regola i conflitti tra più soggetti cui è stato concesso un diritto personale di godimento relativo al medesimo bene e, dunque, non tra acquirenti la stessa res. Quindi, con la riforma del diritto societario, il legislatore avrebbe istituito un giudizio di prevalenza tra i diversi acquirenti della medesima partecipazione non avente ad oggetto la quota in quanto bene, bensì i diritti che l’alienante può trasferire. In conseguenza di ciò, il nuovo art. 2470 c.c., in quanto attinente soltanto al trasferimento delle partecipazioni, alla relativa efficacia e pubblicità, non conterrebbe, tuttavia, elementi utili a qualificare le quote di S.r.l..
In conclusione, pur non potendosi definire in modo chiaro ed univoco la natura della quota di S.r.l., le disposizioni normative in materia depongono senza dubbio a favore della centralità dell’iscrizione degli atti inerenti a quote. Pertanto, interpretando estensivamente il termine “trasferimento” citato dall’art. 2740 c.c. e dando rilievo alla funzione di pubblicità e trasparenza del Registro delle Imprese, è lecito ammettere la costituzione di vincoli sopra le quote di S.r.l., tra i quali può annoverarsi anche il conferimento in fondo patrimoniale.